L'Editoriale

Che si chiami partito politico o che si definisca movimento, quando si avvicina una tornata elettorale inizia la competizione: a colpi di talk show, live streaming, tedx, tweet e post. Superata la Prima Repubblica, inoltrati nella Seconda e, forse, catapultati nella Terza, il bipolarismo, il bipartitismo, i circoli nei paesi e le feste di partito non hanno più senso. Ci ritroviamo in un campo di battaglia inesplorato e non sappiamo quanto sia democratico questo nuovo marketing politico. Le ultime elezioni presidenziali che hanno visto Donald Trump conquistare la Casa Bianca, ci hanno mostrato come l’imprevedibilità dei social
media abbia consentito al candidato repubblicano di rimanere in corsa nonostante le numerose affermazioni discutibili. Anche se l’industria tech si è schierata contro di lui, il nuovo presidente ha utilizzato i canali di comunicazione in modo egregio ed esemplare, beneficiando della campagna di disinformazione, dell’aggressività e delle teorie cospirazioniste. I social hanno giocato un ruolo che è sfuggito ad ogni mediazione e ad ogni algoritmo di blocco, seppure la rete sia, per sua stessa natura, democratica, transculturale, multietnica e abbattitrice di differenze. Anche in Italia si presta maggiore attenzione ai social network per le prossime e vicine elezioni
politiche. Non ci si può più permettere di utilizzarli senza una strategia chiara e precisa. Qualcuno ha una maggiore dimestichezza, qualcun altro si affida a bravi spin doctor. Presto vedremo come ciascun candidato affronterà le nuove sfide e il peso che la comunicazione digitale avrà. Non si torna più indietro. La competizione è online.

RIVALITÀ VIRTUOSE E/O NOCIVE

I benefici della concorrenza sono riconosciuti in diversi campi. Senza un opponente con cui misurarci e confrontarci, perderemmo quel drive che ci spinge a dare di più, ed è per questo che in un’economia fluida come quella di oggi, i vecchi monopoli assumono le sembianze di un dinosauro che non è riuscito ad adattarsi ai tempi che cambiano. Un aumento della domanda corrisponde a una crescita dell’offerta che, a sua volta, porta le società a tentare di battere i competitors con prodotti e servizi di maggiore qualità. I ritmi si serrano per raggiungere avanzamenti in tempi sempre più brevi. L’eccellenza è il golden standard, le aziende stimolano i candidati ad intraprendere un percorso di crescita e maturazione che va oltre la preparazione professionale. Gli stage diventano per i giovani la chance per imparare di più e mettere in mostra le proprie doti; il continuo aggiornamento è la chiave per battere la concorrenza ed affiancare un mentore è il migliore dei modi per apprendere. Ma è solo attraverso il costante confronto con chi partecipa alla nostra stessa corsa che possiamo aspirare a perfezionarci in un mercato che ha sempre meno barriere e richiede livelli qualitativi sempre più alti.
In questo contesto è facile dimenticare pratiche competitive virtuose ed è impossibile negare l’esistenza di rivalità nocive. Ma il modello ideale di una società civile dovrebbe puntare a una concorrenza onesta che rispetti ed includa le diversità, piuttosto che tentare di ignorarle. Vi è bisogno di sovrastrutture che antepongano i diritti delle parti coinvolte, dai consumatori ai dipendenti, dai manager agli stakeholder, dagli elettori ai rappresentati governativi. Questo tentativo si deve affiancare allo sforzo di abolire i meccanismi dannosi che vanno a ledere la nostra società. A volte, sembra una corsa truccata che non potremo mai vincere ma, nonostante tutto, non ci arrendiamo. “Non disperare del presente ma credi ciecamente che il sogno realtà diverrà” … ma quella è un’altra storia.

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…in un’economia fluida come quella di oggi, i vecchi monopoli assumono le sembianze di un dinosauro che non è riuscito ad adattarsi ai tempi che cambiano