L'Editoriale

L’Italia ha un nuovo record internazionale: la quinta legge elettorale in venticinque anni. La sola spiegazione dietro al raggiungimento di questo traguardo scoraggiante è che ognuna delle precedenti leggi elettorali è nata da un compromesso, nessuna rispondeva alle vere necessità del popolo ma ad accordi tra partiti. La cosa peggiore è che in questi giorni ben pochi parlamentari ci hanno descritto questa legge come la soluzione, ma sempre e solo come l’ennesimo compromesso: meglio questo di nulla. La speranza è che il bene dei cittadini sia sempre al primo posto e non secondo agli interessi dei partiti e alle tattiche di rielezione. Le mediazioni sono alla base della politica internazionale, garantiscono la pace tra i popoli, consentono, in un continuo gioco tra le parti, di trovare le soluzioni per gestire le crisi. Il termine compromesso non ha un’accezione negativa, anche se spesso ne assume la connotazione, a spese di chi a volte lo subisce nel gioco di potere.

IN MEDIO STAT VIRTUS

Chi nella vita non è mai sceso a compromessi? Lo facciamo sin da bambini, preferiamo prendere qualcosa piuttosto che perdere tutto. Non sempre, certo. A volte entra in gioco l’autostima, ci rendiamo conto che sarebbe troppo per noi, proseguiamo determinati sulla nostra strada e ne accettiamo le conseguenze. In altri casi, è la necessità di adattarsi alle situazioni che ci induce a prendere delle decisioni perché riteniamo che il risultato sia tuttavia accettabile. Nella peggiore delle ipotesi, ci rassegniamo ad un compromesso che ci fa stare male, che va contro i nostri principi morali, che avrà effetti emotivi e psicologici non trascurabili. Tutto questo è applicabile alla vita politica, lavorativa, sociale e relazionale. Le strategie di confronto giocano un ruolo determinante in ogni aspetto dell’esistenza di un individuo. Non si vince e non si perde e difficilmente chiudiamo la trattativa con un win win! A volte accettiamo un posto di lavoro che ci piace solo per fare esperienza e non per la retribuzione, o viceversa ci accontentiamo di ricoprire un ruolo che non ci diverte ma che permette di pagare il mutuo. Quando si è giovani, le aziende chiedono di compensare la mancanza di know-how con il tempo, e bisogna rinunciare alla vita personale. Quando si è overqualified, ci si vede soffiare il posto da uno junior. Ma quando si tirano le somme, si va oltre le prese di posizione e ci si apre all’ascolto, se non si è fatto nulla di cui pentirsi, finalmente si trova la soddisfazione nell’essere riusciti ad accettare i compromessi ma anche a proporli senza subirli, senza la brutta sensazione di essere sotto ricatto. Quel compromesso che è alla base di una lunga carriera all’interno della stessa società, dove si passa da stage a contratti di formazione e poi ancora a tempo determinato, per poi alla fine diventare una partita iva per andare incontro alle esigenze del mercato. Nel compromesso c’è tutta la poesia della maturità, le cui logiche diventano abitudine. La dinamica è stata analizzata anche nel campo del marketing ed è stata impiegata come leva per indurre all’acquisto. È semplice: offriamo e desideriamo vendere un prodotto con un costo elevato rispetto al prezzo di mercato. Se affianchiamo un articolo con un prezzo superiore, il nostro apparirà come un buon compromesso agli occhi del cliente. E il gioco è fatto! “Pinocchio, non credere a chi ti promette la ricchezza in cambio di nulla: è una promessa fasulla,” ma quella è un’altra storia

{

Non si vince e non si perde e difficilmente chiudiamo la trattativa con un win win!